Comunità Montana Valsassina Valvarrone Val d'Esino Riviera

La Storia

La Riviera e le Valli dell’attuale Comunità Montana furono abitate nel tempo più antico da genti mediterranee, a loro volta si sovrapposero nell’età del ferro tribù indoeuropee di Celti, nomadi guerrieri; reperti archeologici di tombe di guerrieri – pastori messi a guardia dei passi strategici vennero trovati ad Esino, Casargo, Introbio, Barzio e sono conservati nel Museo delle Grigne di Esino Lario.

Sviluppatosi il Cristianesimo con la fondazione delle Pievi l’arcivescovo di Milano, per donazioni regie e lasciti, acquistò dopo il Mille enorme potere e divenne Signore della Valsassina e terre adiacenti.

Le lotte fra Guelfi e Ghibellini e tra città e città, condussero, attorno al XII secolo, al nascere delle libere Comunità, che suggellarono le preesistenti forme dei beni comuni.

Le antiche consuetudini vennero rese giuridiche da Statuti: si conservano ancora quelli della Valsassina, di Bellano e di Dervio, mentre sono andati perduti quelli di Varenna. Gli Statuti della Comunità di Valsassina, il cui territorio corrispondeva all’incirca a quello dell’attuale Comunità Montana, furono aggiornati e confermati nel XIV secolo.

La loro approvazione e divulgazione avvenne in pubblico, e Generali Consilio Comunitas Praedictae. tenutosi a Introbio, sono campanae premisso., il 21 novembre del 1388. Il documento, redatto in latino, porte le firme dei due Sindaci della Comunità e dei rappresentanti delle Squadre (oggi diremmo comprensori) in cui era suddiviso il territorio, e cioè: Squadra di Cugnoli – di Mezzo – del Consiglio – dei Monti.

Nel 1674, in occasione di una revisione per aggiornarli alle nuove necessità, gli Statuti, su richiesta dei delegati di Premana, furono tradotti e pubblicati anche in lingua italiana. Le disposizioni in esse contenute rimasero valide sino alla fine del 1700.

Agli arcivescovi, dopo le lotte tra la potente famiglia valsassinese dei Torriani, signori di Milano, e i Visconti, seguì il ducato dei Visconti prima, e quello degli Sforza poi. Il territorio fu teatro di guerra tra Milano e Venezia, così come poi, all’inizio del 1500, divenne campo di battaglia tra Francia e Spagna. La conclusione di quella guerra, nel 1535, portò purtroppo la dominazione spagnola e, con questa, due secoli di decadenza.

Sono del 1630 il passaggio dei Lanzichenecchi e la tragica peste, resi celebri da Alessandro Manzoni. Sostituitasi l’Austria alla Spagna rifiorì l’industria del ferro e s’introdusse quella della seta.

Chiusa la parentesi napoleonica, cominciò ad affermarsi l’aspirazione alla libertà e nelle lotte risorgimentali, notevole fu il contributo fornito dai paesi e singoli cittadini. Basti ricordare che a tal proposito Giuseppe Arrigoni, ingegnere e storico introbiese e Tranquillo Baruffaldi di Barzio

Dopo la crisi del 1800, provocata dal crollo ferrifero, si delineò in questo secolo la ripresa che, superate le due guerre cui le popolazioni diedero gran contributo di sangue e di valore, portò il territorio al benessere odierno.

Negli ultimi trent’anni, prima per volontà locale poi per leggi dello Stato, è risorta dalle ceneri delle antiche libere Comunità la Comunità Montana, che lavora oggi per il riequilibrio ed il futuro del territorio.

D’estremo valore sociale e storico fu il fatto che quelle tribù circoscrissero i loro beni comuni (acque, pascoli e boschi) assegnandoli in uso alle famiglie; ciò consentì alle stesse una vita, se pur misera, tuttavia indipendente da giogo padronale.

Tale sistema d’uso dei beni della Comunità durò, con poche varianti, sino a non molti decenni fa. Nel 196 a.C. il nostro territorio passò a far parte dell’Impero Romano, ma le popolazioni mantennero il diritto sui loro beni e strinsero con i conquistatori un patto d’alleanza, impegnandosi a pagare a Roma, un tributo in natura pari ad un terzo dei prodotti della terra.

Instauratasi la civiltà Gallo – Romana, l’antico linguaggio ligure – celtico si latinizzò. Rimasero nella loro primitiva versione molti toponimi, o nomi di luoghi e di paesi, che sono ancora oggi testimonianza delle origini preromane.

Grande importanza per il destino degli abitanti fu la presenza del ferro nelle montagne dell’alta Valvarrone. Il minerale, che già i Galli avevano cominciato a cavare, veniva fuso nei forni fusori delle Valli, alimentati con il carbone di legna tratto dai ricchi boschi che ricoprivano i fianchi dei monti. La lavorazione del ferro per la produzione dei fucinati e trafilati impegnarono per secoli parte della popolazione e la Comunità fu gran fornitrice di Milano sino al 1700.

Anche l’agricoltura, particolarmente l’allevamento del bestiame, sin dai tempi antichi rappresentò per le nostre popolazioni un’attività primaria. Paride Cattaneo della torre, nel 1571, usava come metro per misurare il benessere nei vari paesi, l’abbondanza del bestiame allevato e la quantità prodotta di . buoni formaggi, botiro, mascarpi (ricotta), e vitelli..

Altro fattore di civiltà fu la presenza d’importantissime strade che sin dai tempi preistorici attraversarono il territorio in direzione Pianura Padana – centro Europa. Tra questa la più importante era la strada che salendo da Lecco, raggiungeva Introbio, quindi Biandino, superava la bocchetta di Trona e scendeva in Valtellina.

Quelle vie furono sovente motivo di dolori perché percorse da eserciti, ma anche ragione di civiltà per il passaggio di mercanti e pellegrini.

Le invasioni barbariche sconvolsero il territorio dopo la caduta dell’impero e portarono nuovi dominatori; tuttavia i Longobardi, e poi i Franchi, rispettarono i diritti e i beni delle popolazioni. 

ALCUNI MOMENTI STORICI

– I Celti – In un tempo in cui il silenzio dell’uomo regnava sovrano sulla terra, coraggiosi pellegrini nomadi si spostavano per lande ricoperte da foreste oscure.Oltre 3000 anni fa una di queste popolazioni, nota a noi con il nome di Celti giunsero nelle terre della meravigliosa Valsassina, circondata da (altre) 3 gemme: la Val Varrone, la Val d’Esino e la Riviera del lago di Lecco. Da quel giorno la storia di queste valli, dominate da una natura incontrastata, divenne vecchia quasi quanto l’umanità stessa. A testimonianza di quei lontani giorni vi sono gli antichissimi luoghi di culto celtici che sono stati ritrovati da abili archeologi.

– I Romani – In seguito giunsero i conquistatori romani, che cominciarono subito a costruire una strada di collegamento attraverso la Val Biandino fino al di là delle Alpi. Fu attraverso questa via che le invincibili legione romane lasciavano il suolo della penisola italica per riversarsi nel cuore dell’Europa da conquistatrici, allargando i confini dell’Impero a nord fino alla lontanissima Gran Bretagna. Grazie a questa strada la valle ebbe un notevole incremento commerciale e oltre all’agricoltura vi fiorirono l’industria estrattiva e quella ferriera. Già in epoca pre-romana furono aperte e sfruttate le miniere di pirite da cui si estrae il ferro. L’alta Val Biandino nella zona del Rifugio Santa Rita ne rappresenta il più efficace punto di sintesi. La zona delle miniere è dominata dalla cima del Pizzo Tre Signori, così chiamato perché divenne il confine tra Ducato di Milano, la Serenissima Repubblica di San Marco e i Grigioni. Quanto rimane come testimonianza dell’attività mineraria, che durò attraverso i millenni fino al 19° secolo, è oggi parte integrante del percorso escursionistico-culturale della Dorsale Orobica Lecchese, con gli ingressi delle miniere trasformati in sito museale.

– Il Medioevo- Dopo al caduta dell’Impero Romano la Valsassina divenne un luogo conteso poiché punto d’incontro e scontro tra i nascenti feudi medioevali. Numerose sono le fortificazioni erette in posizioni strategiche lungo tutto il territorio, volte a proteggere i confini di ducati sempre più vasti. Oggi è possibile ammirare i resti dell’epoca dei cavalieri lungo tutto il territorio della Comunità Montana. Rocche in posizioni inassediabili, fortezze che dominano un paesaggio unico al mondo, chiese con affreschi antichissimi, edifici di un universo ricercato da sempre più appassionati.

– Forte di Fuentes – Nel territorio di Colico sono visibili le rovine del Forte di Fuentes, fatto costruire da Don Pedro Enriquez de Acevedo, conte di Fuentes de Valdepero, governatore spagnolo dello Stato di Milano dal 1602 al 1610. Sua fu l’iniziativa di proteggere un delicato punto del confine, sul vertice del Lario, con un apprestamento difensivo, appunto il forte di Fuentes di Colico. Costruito fra il 1603 e il 1607, fu demolito nel 1796, quindi nemmeno due secoli dopo la sua costruzione, per volontà del futuro imperatore di Francia fra il giubilo dei giacobini locali.

– Forte Montecchio Nord – E sempre nel territorio colichese sorge il forte Montecchio Nord, altrimenti noto come Lusardi, che ben rappresenta le vicissitudini dell’organizzazione difensiva italiana alla vigilia del primo conflitto mondiale. Solo nel luglio 1911 i tecnici militari optarono per la costruzione di una batteria corazzata tipo Rocchi-Bralmont in quel di Montecchio Nord, rinforzata da appostamenti blindati per artiglierie da 149 mm sopra i resti del vicino forte di Fuentes. Pertanto Montecchio divenne il perno del Settore difensivo Merate-Adda. Nel 1912 furono stanziati i necessari fondi, nel 1913 venne approntata la viabilità militare a Montecchio Nord, Piona e Fuentes. Nel dicembre 1914 i quattro pezzi d’origine francese Schneider, protetti da cupole girevoli spesse 16 centimetri, potevano spedire i loro colpi da 149 mm sino a 14 chilometri di distanza.

Ultimo aggiornamento

16 Aprile 2021, 19:54